E’ la protagonista della cavalcata trionfale che ha portato la nazionale Italiana di calcio sordi ad una storica qualificazione ai prossimi mondiali di calcio a 5 in Brasile. Carla Maria Santini, 22 anni, originaria di Casalbordino, con una doppietta ha deciso la sfida contro l’Irlanda nell’European Deaf Futsal Championship conquistando il quinto posto, utile alla qualificazione ai mondiali.
In una intervista al Giornale di Chieti Carla ci racconta un po’ di sé e delle emozioni che ha provato al triplice fischio finale della partita contro l’Irlanda.
Una tua doppietta ha deciso la Finale contro l’Irlanda ed ha regalato all’Italia la qualificazione per il prossimo Mondiale in Brasile. Qual è stato il tuo primo pensiero al triplice fischio finale?
Il mio primo pensiero al fischio finale è stato: ce l’abbiamo fatta, non sapendo se fosse un’affermazione o una domanda. L’ho detta a Chiara Montilla appena conclusa la partita, e dopo ci siamo abbracciate. Non ho realizzato subito, ma è come se avessi ripercorso mentalmente e fisicamente tutta la strada fatta insieme con questa Squadra, a partire dalla prima chiamata del Mister Mario Lovo, due anni fa. Ogni momento, ogni persona incontrati per questa via sono stati cruciali al raggiungimento di quest’obiettivo, cruciali a motivarmi a dare sempre il massimo. Per cui meritano un grazie immenso. Sapevo di dover dare tutto quello che avevo per questo traguardo, ma soprattutto per le mie compagne e per chi ci ha dato la possibilità di vivere un’esperienza straordinaria come questa. Non è semplice incontrarle spesso. Alla fine ho aggiunto: sì, ho dato tutto per la mia Squadra, la mia famiglia, per chi ha creduto in ciò che siamo.
Per arrivare a questi traguardi, oltre ad avere grandi doti tecniche ed atletiche, bisogna avere una grande mentalità e spirito di squadra. Qual è il rapporto con i tuoi compagni di squadra dentro e fuori dal campo?
Esattamente, anzi serve soprattutto mentalità e spirito di squadra. Sono convinta che in tutti gli sport di questo genere ci sia come una catena di ingranaggi, le persone sono legate e connesse per lo scopo di funzionare insieme e, se questo sistema dovesse spezzarsi, non funzionerebbe a dovere. Dal primo momento che ci siamo conosciute abbiamo capito che tra noi poteva nascere un grande lavoro di gruppo, una Squadra con la S maiuscola che non molla mai. Lo abbiamo dimostrato in ogni partita, e lo abbiamo fatto capire forse più chiaramente nella partita intensissima contro l’Inghilterra, infine campionessa d’Europa. Se dovessi descrivere il tipo di legame che c’è tra tutte noi, forse servirebbe la quantità di pagine di un romanzo.
Il calcio è sempre stato uno sport prettamente “maschile”, ma negli ultimi anni le donne stanno sempre più emergendo nel palcoscenico sportivo italiano ed europeo. Puoi dirci come è nata la passione per il calcio a 5 e cosa significa per te rappresentare la nazionale italiana nel mondo in un torneo così importante come il Mondiale?
La passione per il calcio è nata sul campo della Chiesa dei Miracoli di Casalbordino, dove ho cominciato a giocare con gli amici di prima elementare per divertimento. L’esasperazione di mia madre è ancora vivida nei miei ricordi: mi vedeva uscire ogni giorno e rientrare grondante di sudore e piena di lividi e diceva “Vai ancora al campetto? Ma non sei stanca?”. La sua idea era sempre stata quella di avvicinarmi alla ginnastica ritmica o alla danza. Un anno ci ho anche provato, con la danza, ma tra una pausa e l’altra tiravo i calci a tutto ciò che aveva la forma rotonda (o, insomma, tutto ciò che si poteva calciare e non faceva male). Non ho mai avvertito a livello personale il peso del “genere”: lo sport non ha genere. Ho sempre continuato a giocare a calcio semplicemente perché mi è sempre piaciuto il calcio. Ho iniziato con il calcio a 11 in realtà, non conoscevo il Futsal fino a 6 anni fa. Sono due sport completamente differenti. Adesso non riesco proprio a staccarmene. Far parte di una nazionale per me è un onore enorme e sono davvero tanto orgogliosa di farne parte, soprattutto di un gruppo così. Forse non ancora realizzo. La qualificazione al Mondiale mi dà una gioia ed una soddisfazione immense. Significa che i sacrifici che ognun* di noi ha fatto hanno dato i frutti, e soprattutto è la dimostrazione che un gruppo coeso e connesso in questo modo non può fare altro che bene.
Hai una dedica particolare da fare per questo traguardo raggiunto?
Ci sarebbero dediche da fare personalmente a tutte le persone che mi sono state vicine e hanno mostrato il loro immancabile supporto verso la Nazionale di Calcio a 5 sorde. Ringrazio particolarmente le mie compagne, perché con loro ho scoperto finalmente una parte di me stessa, la sordità, accettandola e riconoscendola come una risorsa più che un problema. Ringrazio lo staff che ha saputo mettere insieme i mattoni per costruire l’unità di una grande famiglia. Grazie a mamma e papà (e mia sorella) che nonostante non si tratti di danza, ginnastica ritmica o pallavolo, adesso sono lì sugli spalti ad ogni partita come miei più grandi tifosi.